I gatti custodi del British Museum

Sappiamo di gatti di biblioteca come Dewey e persino di gattini in uffici governativi, ma di custodi felini di un museo ancora non avevamo sentito parlare. E che museo, poi: il grande British Museum di Londra. Chi poteva immaginare che il British Museum avesse una lunga storia di custodi felini?

Black Jack

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Black Jack, il gatto che Ser Frederick Madden, custode dei manoscritti dal 1828 al 1866, aveva portato con sé dalla Francia, è presto diventato uno dei più famosi “portieri” del British Museum. Era una bellezza nera con le zampe bianche e baffi rigogliosi, una presenza frequente nella Sala di Lettura. Proprio qui, però, finì in disgrazia il giorno in cui, rimasto chiuso per errore all’interno, decise di farsi le unghie sulla copertina di alcuni nuovi libri; allontanato e accudito da alcuni impiegati per la sua stessa sicurezza, riprese fortunatamente il proprio posto qualche settimana dopo.

Mike

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È proprio Black Jack a condurre Mike, il proprio successore, al museo; un mattino, nel febbraio del 1909, depositò un fagottino tigrato ai piedi di Ser Ernest Wallis Budge, custode delle antichità egizie. Uomo e cucciolo si scelsero immediatamente a vicenda, mentre il gatto di Ser Ernest fece di Mike il suo pupillo, insegnandogli a cacciare piccioni senza ucciderli o ferirli: di domenica, i due felini presero l’abitudine di cacciare in coppia e in collaborazione, guadagnandone leccornie prelibate. Ogni piccione, immancabilmente, giungeva ai piedi dei padroni di casa illeso e poi liberato dalla finestra di una stanza laterale.

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Mike fece ben presto del British Museum la propria casa, con una predilezione particolare per la portineria, dove venne persino sistemata la sua cuccia. Non era insolito, del resto, trovarlo nella Sala di Lettura. Certo, Mike era peculiare per essere un portiere: poco socievole, non amava essere accarezzato da estranei, reagendo sempre ai tentativi con due salti che lo portavano oltre la soglia della portineria. In particolare disapprovava le attenzioni di donne e cani. La regola era semplice, guardare ma non toccare.
Non solo: permetteva esclusivamente a Ser Ernest e al custode di nutrirlo. Nel 1924, a 15 anni, venne dichiarato “in pensione”, ma Mike, ben lungi dall’abbandonarsi alla vecchiaia, divenne il terrore dei cani molesti: gonfiando il pelo di fronte a loro, era in grado di allontanare cani baldanzosi perfino con i custodi del museo. Tuttavia, la vecchiaia si presentò anche per Mike assieme a problemi di dentatura. I custodi del museo si premurarono, fino alla fine, di cucinargli piatti di morbido pesce in accordo coi suoi gusti: preferiva la sogliola al merlano, il merlano all’egretino e le sardine alle aringhe.

Quando i suoi problemi di salute aumentarono e gli divenne difficile persino mangiare, Mike fu addormentato per sempre: era il 15 gennaio 1929, aveva raggiunto l’età di vent’anni. Tutti lo ricordavano con affetto, come un gatto con la tendenza a stare sulle sue con dignità,  che concedeva confidenza soltanto a chi fosse in grado di trattarlo “come un uomo e un fratello”. Per volere di F.C.W Hiley, Assistente Custode del Dipartimento dei libri stampati, una piccola lapide venne eretta vicino all’entrata al museo di Great Russell Street,  decorata con la seguente iscrizione:

Ha fornito la sua assistenza ai custodi del British Museum dal febbraio del 1909 al gennaio del 1929

Da parte sua, Ser Ernest pubblicò un necrologio dedicato a Mike, che apparì sui quotidiani Evening stardard e sul celeberrimo Time. Ne è parte una poesia opera di Hiley:

Vecchio Mike! Addio! Tutti noi ti piangiamo,
Poco importa che non ti lasciassi accarezzare;
Di tutti i gatti sei stato il più saggio, il più vecchio, il migliore,
Questo sia il tuo motto — Riposa in pace!

Mike non è stato dimenticato. Nel 1979, in occasione del giubileo della sua morte, venne pubblicato un nuovo opuscolo illustrato a opera di R. B. Shaberman, e nel 1995 la disegnatrice Frances Broomfield ne ha celebrato l’arrivo al museo con una vignetta.

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In lontananza, Black Jack si allontana dopo aver nominato il proprio successore. E Mike, qui, è appena all’inizio della sua vita da gatto da museo.